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“Fare tutto il possibile, fino all’ultimo minuto”

“Anche se piccoli, i bambini arrivavano da soli nella sala operatoria e si sedevano in silenzio sulla seggiolina aspettando l’anestesista. Non mi conoscevano, anche considerando il loro passato, potevano essere più intimoriti che rassicurati da un dottore sconosciuto. Nonostante questo, hanno sempre ricambiato il mio sorriso guardandomi apertamente negli occhi. Sono scene impensabili in Italia”.

Il dr. Luca Labianca, medico ortopedico presso l’ospedale universitario di Sant’Andrea di Roma e , è uno dei professionisti che hanno partecipato alla missione del marzo scorso, guidata dal dr. Simone Lazzeri. nell’Ospedale Halibet di Asmara, in Eritrea, per il progetto “On the road to health” (ROAD) finanziato dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo di Addis Abeba.
In una manciata di giorni senza sosta, l’equipe di medici e sanitari di Annulliamo la Distanza ha visitato oltre 200 bambini arrivati nella capitale da ogni parte del paese e portato a termine 40 interventi di chirurgia ortopedica pediatrica in casi complessi e urgenti che erano stati selezionati durante le visite tutti con esito positivo.
È stata un’esperienza stupenda sotto ogni profilo” commenta Labianca. “Abbiamo lavorato dalla mattina alla sera ma non sentivo la fatica, perché ero a fianco di professionisti di altissimo livello, spinti da una motivazione incrollabile, che non si sono tirati indietro di fronte a nulla”.
“In Eritrea ho ritrovato il coraggio di uscire dalla zona di comfort, che in realtà è una palude che ti impedisce di vivere davvero"
dr Luca Labianca medico
Dr. Luca Labianca
Medico ortopedico dell'Ospedale Sant'Andrea di Roma,

Fare tutto il possibile, fino all'ultimo minuto

In tutta l’Eritrea, gli specialisti in ortopedia sono solo cinque e l’arrivo dell’equipe di Annulliamo la Distanza è una notizia che ha la forza di raggiungere anche agli angoli più remoti del paese, solo attraverso il passaparola.
“Al di là di quello che ti aspetti di trovare in un contesto simile, la verità è che non te lo immagini mai abbastanza, perché non abbiamo idea di quello che la gente e i colleghi devono affrontare quotidianamente per vivere”.
La mattina del primo giorno di missione, l’immagine che li accoglie è quella di un auto deve aprirsi un varco tra la folla di centinaia di bambini e famiglie già in attesa dall’alba che nei giorni successivi, si accampano intorno all’ospedale aspettando il proprio turno. 
È l’unica occasione per sapere se i propri figli potranno camminare meglio, tornare ad usare la mano e, avere l’opportunità di un futuro meno complesso.
Una bimba era arrivata ad Asmara a piedi con la sua famiglia. Aveva una mano chiusa, esito di una ustione gravissima. Ci hanno spiegato che viveva molto lontano e che il loro viaggio era durato giorni. Non era tra gli interventi programmati, ma con uno sforzo incredibile siamo riusciti ad operarla, liberandole le dita. E’ stato l’ultimo intervento dell’ultimo giorno.”

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La formazione del personale sanitario locale è un'altra priorità

La missione aveva anche l’ obiettivo di formare il personale locale sulla diagnosi precoce della displasia dell’anca nei neonati. Un’occasione preziosa che è stata accolta con grande motivazione dai medici eritrei. “E’ stata un’ottima giornata, molto partecipata ed efficace. Abbiamo gettato basi importanti in un campo dove purtroppo le competenze erano quasi nulle. Nei prossimi mesi capiremo come collaborare con lo staff locale anche a distanza, magari con attività di supervisione ”.

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Il coraggio ritrovato

“Posso dire che questa esperienza mi ha dato coraggio e mi ha spinto ad uscire dalla mia zona di comfort, che spesso è una palude da cui non si riesce a riemergere. Ci si nasconde dietro a pensieri come “Ma chi me lo fa fare? Perché deve incasinarmi?”.
Ecco, ho imparato che non è un casino. O meglio, è un casino per la persona che ci sta in mezzo, che ha bisogno di aiuto, ma non per me. E se non ci si prova, alla fine non si fa più nulla. Ho incontrato una grande umanità. Nel mondo moderno si pensa che certi valori non siano poi così fondamentali. Io invece ho lavorato a fianco di persone che questi valori li incarnano con passione e senza paura. Sono orgoglioso di aver fatto parte della squadra e spero di ripartire a breve”.

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La massima gratitudine va a tutto il team di professionisti volontari che anche questa volta non si sono risparmiati su nulla. 
Ai dottori Simone Lazzeri, Luigi Prosperi, Valentina Montemaggiori, Luca Labianca, Massimo Rigoni e Alessandro Zanardi, al medico anestesista Fabio Panetta, al tecnico Daniele Azzinelli e agli infermieri Loredana Mazzetti, Valentina Fella e Piero Bacchin 

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Il progetto ROAD è finanziato dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo di Addis Abeba

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